La “scienza fatta dai cittadini”, non esperti ma appassionati, è il modo migliore di celebrare la Giornata Mondiale dei Delfini, che anche quest’anno si celebra il 14 aprile e che fu istituita dall'Onu allo scopo di sensibilizzare la popolazione rispetto allo stato di conservazione di questi animali così amati, che si possono immergere fino a 300 metri di profondità, vivono tra i 20 e i 30 anni e possono raggiungere i 65 chilometri orari.
Non è semplice whale watching. Partecipare ad una piccola crociera scientifica con un progetto di citizen science ha un altro sapore, perché oltre ad osservare i delfini mentre nuotano accanto alla nostra barca, si imparerà a studiarli, a fotografarli, a raccogliere quei dati che faranno parte di un patrimonio scientifico comune.
Una crociera di ricerca per celebrare la Giornata Internazionale del Delfino
Partecipare non è difficile ma un po’ più impegnativo del partecipare ad un semplice whale watching, perché bisogna essere disponibili e collaborativi, perché si farà parte di un equipaggio e si seguiranno delle regole, perché la vita in barca non è sempre semplice. Ma la soddisfazione sarà enorme.
«Sicuramente ci torno, perché ci ho lasciato il cuore e certamente mi rivedranno a bordo», racconta Sabrina Capellini che lo scorso agosto ho partecipato alla CSR17 (crociera di ricerca n17) con l’Istituto Tethys, la onlus italiana dedicata alla conservazione e tutela dell’ambiente marino attraverso la ricerca scientifica e la sensibilizzazione del pubblico. «Una settimana insieme a mio marito in un gruppo di diciassette persone, tra cui tre tedeschi, inclusi i ricercatori. In barca si parlava inglese ed è stato anche un buon modo di rispolverare una lingua straniera – racconta – Siamo riusciti ad avvistare stenelle, qualche tursiope e i capodogli, purtroppo le balene non si son fatte vedere, ma è stato bellissimo e lo rifarò sicuramente anche se non quest’anno ma solo perché ho qualche problema fisico alla schiena che devo prima risolvere».
Sabrina si è affidata all’Istituto Tethys che in Italia è una realtà consolidata: conduce da tempo ricerca scientifica sull’ecologia delle specie marine, in particolare cetacei con un costante coinvolgimento di appassionati del whale watching ed alcune delle sue campagne sono tra i progetti di citizen science più antichi di un Mediterraneo dove ormai i delfini, che ancora non si possono considerare fuori pericolo, si riescono ad incontrare con relativa facilità.
«I nostri compiti come volontari erano calendarizzati dai ricercatori con un piano di lavoro settimanale e consistevano oltre che ai vari compiti di vita a bordo (cucina, spesa, pulizie di coperta e di ponte…) anche in vere e proprie attività di ricerca – racconta Sabrina – lezioni sui cetacei e sulle tecniche di avvistamento/osservazione/ricerca, monitoraggio a turni dell'orizzonte con binocoli per individuare eventuali segnali di presenza di cetacei come soffi, pinne e salti, raccolta dei dati ambientali su schede, presa dei tempi di immersione dell'individuo seguito durante un avvistamento, fotografie di pinne utili alla foto identificazione, aiuto al ricercatore agli idrofoni, analisi dei dati presenti nel database».
La ricerca del Tethys Research Institute
Fra i progetti di studio di Tethys lo Ionian Dolphin Project è completamente destinato a quei delfini che vivono nelle acque costiere del Mar Ionio orientale. «Nel corso di 25 anni, ben oltre 1000 partecipanti non specialisti provenienti da oltre 40 nazioni dei cinque continenti hanno preso parte all’IDP. Ci hanno fornito un indispensabile supporto aiutandoci ad ottenere dati di importanza cruciale – precisa Maddalena Jahoda, responsabile della divulgazione scientifica di Tethys. – La ricerca del Tethys Research Institute, condotta nell'ambito dello Ionian Dolphin Project, si concentra principalmente nell’arcipelago del Mar Ionio Interno dove studiamo delfini comuni, tursiopi e foche monache del Mediterraneo, nel Golfo di Ambracia dove i tursiopi sono l'unica specie di cetaceo presente e nelle acque che circondano le isole di Paxoi e Antipaxoi dove sono regolarmente presenti tursiopi, stenelle comuni e striate, e occasionalmente si avvistano foche monache». In Grecia i partecipanti alla ricerca non dormono a bordo nave, ma in una struttura appositamente attrezzata nel villaggio di Vonitsa.
Si dorme in barca invece nelle crociere scientifiche nel cosiddetto Santuario Pelagos, l’area marina tra Liguria Francia e Corsica considerata la prima area protetta d’alto mare del mondo, che vanta probabilmente la maggior concentrazione di balene e delfini del Mediterraneo. Qui ogni estate ci si può imbarcare settimanalmente e, come ha fatto Sabrina, vivere l’emozione di trasformarsi in piccoli scienziati del mare.
Si parte da Sanremo, da maggio a settembre e i partecipanti sono ospitati sul motorsailer “Pelagos” assieme a un team di biologi esperti che organizzano le attività di ricerca giornaliere, tra cui foto-identificazione, studio del comportamento, bioacustica. «Si impara ad ascoltare i rumori che arrivano dal mare – racconta Sabrina. – I caratteristici clic che emettono i delfini che rimbalzando in profondità permettono di localizzarli ed aspettare che emergano dalle acque. Ma quando ci sono le giuste condizioni, i delfini sono vicinissimi e la barca è ferma a motore spento, si possono sentire i loro respiri: il profondo inspirare e poi l'altrettanto profondo espirare. Un'emozione bellissima».
Il Progetto Delfi e il codice di condotta dei pescatori per salvare i delfini
Partecipare ad una ricerca è anche un modo per contribuire ad attività di conservazione fondamentali quando si parla di delfini, ancora oggi tra i cetacei più spiaggiati sulle coste italiane, come dimostra il bilancio del Progetto Delfi. «Dai dati emerge chiaramente che i cetacei maggiormente coinvolti negli spiaggiamenti sono i delfini: nel 2022 in Italia sono stati rinvenuti 71 tursiopi (Tursiops truncatus) e 48 stenelle (Stenella coeruleoalba) – spiega Alessandro Lucchetti, ricercatore di IRBIM-CNR e coordinatore del progetto Life Delfi. – mentre il conteggio per i primi tre mesi del 2023 ammonta già a 30 cetacei spiaggiati. Le morti di questi splendidi mammiferi marini sono da attribuire a cause naturali ma anche a cause di origine antropica. In particolare, le interazioni dei delfini con le attività di pesca professionale: i delfini riportano gravi lesioni derivanti dalle interazioni con le attrezzature da pesca, oppure restano impigliati o avvolti dalle reti dopo essersi avvicinati alle imbarcazioni alla ricerca di cibo».
I dati emergono dalla “Banca Dati Spiaggiamenti”, gestita dal CIBRA dell’Università degli studi di Pavia e dal Museo di Storia Naturale di Milano, e confermano la tendenza degli ultimi anni. A mettere in evidenza questi dati è il team del progetto Life Delfi, cofinanziato dal Programma LIFE dell’Unione Europea e coordinato da IRBIM-CNR, che propone in occasione della Giornata Mondiale dei delfini, l’adozione di un “Codice di condotta” per i pescatori. «L’obiettivo del progetto Life Delfi è proprio quello di limitare le interazioni tra delfini e pesca professionale – conclude Lucchetti. – Un fenomeno che implica gravi conseguenze per i cetacei ma anche per i pescatori che subiscono, loro malgrado, consistenti perdite economiche per via dei danni che i delfini provocano agli attrezzi da pesca durante le interazioni».
Per questo, grazie al progetto Life Delfi, da più di tre anni i pescatori sono stati coinvolti e sensibilizzati fornendo loro dissuasori acustici e visivi di ultima generazione insieme ad attrezzature da pesca a basso impatto ambientale, mentre per tutti gli operatori del mare sono stati organizzati corsi di formazione per la realizzazione di attività economiche alternative come il dolphin watching.